L’Attacco dell’Aguglia: un incidente subacqueo a St. John’s Reef

Un'immersione notturna in Egitto si trasforma in un incidente.

Questo è il racconto di ciò che mi è accaduto durante un Liveabord nelle acque affascinanti di St. John’s Reef nell’estremo Sud dell’Egitto. Ho vissuto un’esperienza che mi segnerà e che condivido per informare sulla potenziale pericolosità di alcune situazioni.

20 Agosto 2025, eravamo quasi al termine delle nostra due settimane di crociera, e l’aria era frizzante per l’immersione in programma: una notturna nel remoto reef di “Paradise”. In qualità di responsabile, dovevo accompagnare sott’acqua un piccolo gruppo di amici.

Il briefing pre-immersione era stato semplice: avremo raggiunto il reef, che era piuttosto piuttosto distante dalla barca, seguendo la “shamandura” che collegava, a pelo d’acqua, la poppa al reef stesso.
A solo un metro di profondità, lungo il percorso e ancora con reef non visibile, il mio fascio di luce ha rivelato una figura immobile: perpendicolare alla cima, come una sentinella, stazionava un grosso esemplare di Aguglia Coccodrillo (Tylosurus crocodilus), probabilmente tra il metro e venti e il metro e trenta di lunghezza.

Non avevo mai incontrato così da vicino un’aguglia di quelle dimensioni: inizialmente, la sua stazza mi aveva fatto pensare a un grosso barracuda.
L’Aguglia è nota per essere un predatore velocissimo e, in rari casi, pericoloso per l’uomo, potendo causare serie ferite con il suo rostro appuntito. Giulia Manfrini, la surfista italiana che nel 2024 è stata uccisa in Indonesia ne è un esempio recente.

Mi sono fermato e ho richiamato l’attenzione dei subacquei che mi seguivano, convinto di offrire loro uno spettacolo unico.
Mentre il gruppo si radunava, tenevo il pesce illuminato con la torcia, utilizzando, come sempre, un’intensità luminosa bassa per non infastidire. Per alcuni istanti, l’aguglia è rimasta perfettamente immobile. Poi, lentamente, ha iniziato a muoversi verso di noi.
Quando è arrivata a circa un paio di metri da noi, si è allontanata dalla cima posizionandosi parallelamente, al nostro fianco. È stato in quel momento che abbiamo capito che il suo non era più un atteggiamento di curiosità. Le due ragazze più vicine a me, avvertendo pericolo, si sono istintivamente spostate alle mie spalle. Dopo qualche secondo di immobilità totale, è scattato l’inferno: con una velocità inimmaginabile, l’aguglia è partita come un proiettile nella mia direzione. Non ho avuto nemmeno il tempo di alzare un braccio per proteggermi e mi ha colpito in pieno volto. Ho sentito un colpo secco e, anche se non ho provato alcun dolore, quando ho visto una nuvola di sangue di fronte a me, mi sono reso conto della gravità della situazione: la guancia era stata trafitta dal rostro del pesce.
In pochi istanti ero in superficie, nuotando verso la poppa, dove ho trovato il bravissimo equipaggio pronto ad assistermi con professionalità.
Una volta medicato, la diagnosi è stata chiara: la ferita era profonda e la mia guancia era letteralmente aperta. Il risultato? Undici punti di sutura, applicati con maestria, direttamente su un divano della dinette, da Nirvana, esperta chirurga, e mio angelo protettore, che fortunatamente era in vacanza con noi.

in questa foto di vede un aguglia coccodrillo pescata nel Sinai.

Aguglia Coccodrillo, pescata a Ras Mohammed (tratta da Facebook)

Indipendentemente da quello che sarà il percorso di recupero, che sicuramente richiederà del tempo, una cosa è certa: la passione per il mare, e per i suoi abitanti, non è stata scalfita. Anzi, sono già pronto a tornare sott’acqua e non vedo l’ora di immergermi di nuovo proprio in quelle acque egiziane che tanto amo.
Ma cosa mi ha insegnato questa esperienza? Cosa avrei potuto fare diversamente?
Col senno di poi, avrei dovuto riconoscere prima i segnali di territorialità di quell’animale: la sua immobilità iniziale e il successivo, lento avvicinamento non erano un invito, ma un avvertimento.
Probabilmente, la soluzione migliore sarebbe stata quella di allontanarsi lentamente, senza voltargli le spalle, e guidare il resto del gruppo a distanza di sicurezza.
Questo episodio mi ha ricordato una lezione fondamentale, che pure conosco bene dopo più di 30 anni di immersioni: noi siamo solo ospiti nel mondo sommerso. È casa loro, e noi dobbiamo adeguarci, imparando a interpretare i segnali e a rispettare gli spazi. Specialmente di notte, entriamo in un ambiente dove le regole e i comportamenti possono cambiare. 

In migliaia di immersioni, questo è stato solo il secondo episodio di un attacco diretto da parte di un pesce. Il primo, meno grave, risale nei primi anni ’90, a Sharm el Sheikh, quando un grosso Napoleone, senza nessuna provocazione, mi morse con violenza una mano. Per il resto, ho sempre interagito pacificamente con ogni tipo di creatura marina, squali di ogni tipo compresi, senza mai problemi.

Ora so che, per quanto raro, un incidente del genere è possibile. Questa consapevolezza non mi spaventa, ma mi rende semplicemente un sub più attento.
Le aguglie restano mie amiche e non vedo l’ora di incontrarne molte altre.
Parola di Capitan Harlock 😉